RATATOUILLE Numero 66 - 4 ottobre 2019 #accudire

Finché siamo lucidi, riflettiamo.

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2018 - Acquerello. Disegnare e dipingere sono alcuni dei motori di vita che Catia condivideva con suo padre. I lavori di entrambi, eseguiti con cura, adornano oggi le pareti attorno a noi.


È un ora intensa quella passata insieme a Catia, seduti al tavolo quadrato del suo salotto.

Emozione e rigoroso riserbo si alternano ad emozione e profonda confidenza. L’emozione è il vero colore dell'intervista di questo mese.

Più di una volta i nostri occhi si riveleranno lucidi alla bella luce che, dalla portafinestra del balcone, illumina un ambiente accogliente, meticolosamente pulito ed ordinato.

Più di una volta in quest’ora domande e risposte resteranno qualche secondo sospese delicatamente in aria per permetterci di recuperare la compostezza che contraddistingue la mia ospite e alla quale viene naturale adattarsi in sua compagnia.
Domanda: Sei andata in pensione nel 2013?
Risposta: Esatto. Al termine di 11 anni dell'ultimo lavoro di segreteria ed amministrazione in una grande attività commerciale nella quale l'innovazione è stata sempre un tratto distintivo. Il titolare, persona lungimirante, era sempre fra i primi ad adottare nuove tecnologie di comunicazione e servizio ai clienti e ha sempre cercato di mantenere l’attività all’avanguardia. Questo però comportava contemporaneamente che tutto fosse rivoluzionato in continuazione, anche gli angoli più remoti del magazzino e gli uffici di amministrazione. Se in quel momento era un disturbo quotidiano, col senno di poi è più facile vederne gli effetti positivi: all’inizio degli anni 2000 prese in mano un negozio di una sola vetrina e lo trasformò in un palazzo con tre piani di esposizione e due sovrastanti piani di uffici dati in locazione. Io seguivo la parte amministrativa sia dell’attività commerciale che degli uffici insieme ai quali veniva offerto un servizio di segreteria e amministrazione. Il lavoro quotidiano era letteralmente un vortice.
D: Hai sempre lavorato nel mondo dell'amministrazione.
Mi fai una sintesi della storia? Quando ti sei divertita di più?
R: Forse quando a 25 anni, con una sola esperienza lavorativa precedente, accettai la sfida di seguire l'amministrazione per un artigiano della zona. Rimasi tre anni. Ero ancora fresca di scuola e misi in pratica quello che avevo studiato: presi in mano i libri, il dare e avere, utile e perdite e mi misi a fare i bilanci ogni mese per la banca che finanziava questo artigiano. Il problema era che lui più ne aveva, più ne spendeva. Gli feci fare l'inventario di magazzino, cosa che non aveva mai fatto in vita sua, andando nelle scatole più impolverate del magazzino. Seguivo tutto, bolle di ricezione e fatture fornitori, i clienti che venivano in sede a fare l'ordine e che mi portavano novità e chiacchiere, e poi il bilancio, la banca, gli operai che venivano da me se avevano bisogno. In pratica vedevo e mettevo mano a tutto il processo di lavoro e questo impegno mi veniva riconosciuto. L'artigiano si fidava e mi ascoltava, inoltre il contatto umano non era limitato al collega e datore di lavoro ma anche con il cliente esterno. Quando però, per motivi legati all’andamento dell’attività, mi propose di passare da tempo pieno a part time, cambiai lavoro. Desideravo la grande azienda e, dopo un'altra breve esperienza, la trovai. Ci sono sono rimasta 17 anni ricominciando ancora da capo, dalla prima nota e schede di magazzino, e un passo alla volta sono cresciuta. Allora l'amministrazione era un lavoro interamente manuale, calcolatrice, carta e penna. Ad esempio si faceva il bilancio mensile con l’inventario di magazzino valorizzato, sempre manualmente, con le medie ponderate.
D: Una faticaccia... Cosa ti piaceva?
R: Far tornare i conti. Il piacere era seguire il lavoro completo, dalla A alla Zeta, e far tornare i conti. Era una soddisfazione anche discutere i tassi con la banca e riuscire a diventare un punto di riferimento in azienda: non avendo fatto ragioneria, ma perito aziendale corrispondente in lingue, avevo una visione diversa che mi è stata utile: ho dovuto imparare il concetto dei ratei e dei risconti e tanto altro proprio sul lavoro ma ho avuto anche molte soddisfazioni. Nei miei 17 anni la Guardia di Finanza venne in azienda un paio di volte per normali controlli amministrativi. Mi chiamavano da tutti gli uffici e per me sapere che tutto era a posto e riuscire sempre a dare la risposta richiesta, era una grande soddisfazione.
D: E perché sei andata via?
R: Perché, come spesso succede, con il passaggio generazionale dell'azienda sono cambiate sensibilità e visione, non c'era più la stessa armonia. Potendo vantare una lunga esperienza, c'erano aziende del settore, anche più importanti di quella in cui ero, che mi offrivano una posizione e che mi avrebbero dato tutto. Io però ero anche stanca di assumere molte responsabilità e di non avere orari. Trovai posto in una azienda artigiana di Funo, una bellissima azienda, ma non fui fortunata. Insieme a me assunsero anche un nuovo amministratore e, purtroppo, mi ritrovai fra due fuochi: da una parte una persona che voleva emergere, disposta a mettermi in difficoltà per farlo, e dall'altra una precedente situazione amministrativa da rimettere completamente in ordine. Non faceva per me e al termine del periodo di prova non mi confermarono. Le offerte che potevo considerare si dividevano fra studi di professionisti (notai, avvocati, commercialisti) con proposte economiche inadeguate, oppure aziende alla ricerca del responsabile amministrativo, con conseguente assunzione di elevate responsabilità che non desideravo. Capitò l'offerta di questa attività commerciale che univa stabilità e solidità del posto di lavoro ad una offerta economica e carico di responsabilità adeguate. Accettai con entusiasmo: quel breve periodo di disoccupazione, benché di soli 6/7 mesi, aveva lasciato un profondissimo segno.
D: Capisco molto bene. Quando mia moglie rimase incinta aveva un contratto a tempo determinato che, ovviamente, non le fu riproposto una volta finito il periodo di maternità. E poi cercare un lavoro con un bimbo piccolo... Impossibile. Il lavoro nobilita l'uomo, ma anche la donna: rappresenta una parte di realizzazione umana importantissima perciò è comprensibile che, per quanto sia stata breve, l'esperienza della disoccupazione abbia lasciato un segno.
R: E considera che io non mi sono mai sposata e non ho avuto figli. Quindi il lavoro è sempre stato il mio motore benché io abbia sempre coltivato tanti interessi, altrettanti motori di vita. E’ evidente che figli e famiglia, quando ci sono, tendono a ricoprire la priorità. Per me era prioritario il lavoro.



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A Buenos Aires c'è una piazza dedicata a Mafalda, l'irresistibile bambina disegnata da Joaquín Lavado, in arte Quino, dal 1964 al 1973. Questa bambina di 6 anni dallo spirito ribelle è capace di porre in maniera candida domande a cui è impossibile rispondere e che mostrano le contraddizioni del mondo degli adulti nel quale rifiuta di integrarsi. Solo i bimbi e gli anziani hanno questo dono.


D: La famiglia per te è comunque un valore molto importante: appena indipendente sei uscita da casa dei tuoi genitori ma sei rimasta vicina e hai accudito la famiglia. Anzi, lo fai tutt'ora, prima accudendo entrambi poi, dopo la scomparsa di tuo padre, affiancando quotidianamente tua madre. Cosa significa accudire dei genitori come figlia unica, senza il sostegno di altri famigliari?
R: Secondo me la famiglia è fondamentale e, per risponderti, accudire genitori anziani non autosufficienti dal punto di vista pratico è semplicemente impossibile. Una cosa è, come fece mia zia, accudire un coniuge, per quanto faticoso e provante, cosa ben diversa è accudire un genitore. Io voglio un bene dell'anima a mia madre ma ho bisogno anche del mio spazio. Non avrei mai vissuto tutta la vita con i miei genitori, ovviamente diverso è farlo con il coniuge. Per esempio, se mi permetti un po’ di ironia, la sola idea delle tre settimane di ferie estive della badante mi mette un pò di ansia.
D: I miei genitori non hanno bisogno di assistenza ma anche a me l'idea di vivere tre settimane con loro un pò di ansia la mette... Insomma, posso capire. (Mamma, sto scherzando!)
R: C'è anche un lato sorprendente: se il rapporto con i genitori non è sempre semplice, sentire con quale delicatezza ad una certa età l'amore materno ti venga ancora manifestato dà una grande carica, è veramente una immensa fonte di energia. Mia madre gode di ottima salute ma soffre di demenza senile. Questo la porta ad avere un atteggiamento fanciullesco, spesso proprio come una bambina. Per gioire insieme a lei, con una naturalezza che non avrei mai sospettato, mi ritrovo a fare la buffona e ritorno bambina anche io. E' un aspetto nuovo della vita con mia madre, spontaneo e disarmante, ed è colmo di amore. Mi guarda con due occhioni grandi, mi esprime un amore immenso, che tu... come spiegarlo? 
E' un'espressione negli occhi che dice grazie, non grazie perché mi accudisci ma grazie perché tu esisti, grazie perché sei mia figlia. 
D: E grazie lo dico io ora a te, che ci stai permettendo uno sguardo così profondo nella tua vita.
Mia madre mi ha tirato su, non ha avuto una vita facile ma ha sempre mantenuto un grande autocontrollo.
Perciò non ho memoria di momenti di gioia così profonda e condivisa con lei. Ora capisco che alcune paure che adesso ha e che per esempio la portano a cercare di tenermi sempre le mani, così non vado via, oppure a richiamarmi appena sono nell'altra stanza perché mi vuole vedere e non le basta che io sia di là, le ha sempre avute. Solo che prima non le manifestava, le controllava. 
D: Motivo in più per far sì che riceva una attenzione costante. Un tempo nonni, figli, zii, nipoti vivevano tutti insieme e accudire bambini e anziani era parte dell’organizzazione sociale. Oggi diventa indispensabile un'assistenza domiciliare convivente. Quanto costa un servizio del genere?
R: Il contratto è quello di collaborazione e per mia esperienza, se va bene, richiede una cifra che si aggira intorno ai 1.300€ più contributi, più vitto e alloggio. Mia madre è fortunata perché fra la sua pensione e la reversibilità di mio padre raggiunge circa 1.500€ al mese da INPS. Quella cifra in realtà non copre le sue necessità personali e sopratutto non c'è il mio tempo: riesco ad esserci tutti i giorni e questo incide tantissimo per il benessere di mia mamma. Se la vedi adesso è una regina: se non la trovo in ordine, anche i capelli, il colletto, intervengo. Non è una questione estetica, è una questione di considerazione. Il lavoro di badante non è certo facile ma è altrettanto difficile trovare una persona a cui affidarsi proprio perché richiede grande attenzione: il pannolone storto vuol dire che non hai messo la dovuta attenzione e diventa un disagio. Per sua indole lei non si lamenterà, ma se chi l’accudisce la fa stare bene stiamo tutti bene. Lei sarà più serena, più sorridente e non avrà un fastidio che la irrita. Quello è il lavoro.
D: Tornando al lavoro, al tuo intendo, tu hai sempre avuto una affinità con i numeri. Mi hai parlato anche di numerologia. Da dove trae origine questo interesse?
R: Dal Chi Kung, una complessa disciplina cinese. Consiste in un insieme di tecniche corporee e meditative che portano l'individuo a sé stesso, all’interiorità e al miglioramento del benessere psicofisico. E’ basato sul sistema millenario della medicina cinese e sulla filosofia Taoista; parte dalla consapevolezza che non siamo tutti uguali e permette di utilizzare i grandi risultati della scienza, per esempio in campo medico, senza perdere l'attenzione per la nostra unicità. Imparare a conoscere noi stessi aiuta ad affrontare meglio i meccanismi complessi che la vita ci impone. Per approfondire non basterebbe un’altra intervista, posso dirti che la numerologia è una disciplina molto antica che permette di analizzare la metrica del macrocosmo per individuare la sua intima corrispondenza nel microcosmo. Mi spiego: in tutte le antiche tradizioni i numeri svolgono una importante funzione simbolica che si affianca al loro valore reale, i numeri non hanno solo un valore quantitativo ma anche qualitativo ed esprimono concetti che rimandano a realtà ultime ed archetipe. Per me fa parte di quella sfera di interessi che, sorridendo, chiamo “magica" perché mi fa sentire magicamente meglio.
D: Infine, che cosa ti aspetti dal consulente finanziario? Non una magia, vero?
R: Prima di arrivare al momento in cui non sarò più in grado di intendere e volere, devo sapere come saranno organizzate le cose. Voglio continuare a vivere in prima persona la mia vita: non ho mai detto "non so fare" ma "dimmi come si fa”; dò un grande valore ai risparmi che oggi gestisco perché sono frutto sia del mio lavoro che dell’impegno e sacrificio dei miei genitori. Desidero che il consulente mi aiuti a scegliere in prima persona e a pianificare le risorse perché io possa avere per me stessa la medesima cura che voglio dare a mia madre. Per questo, fino a quando avrò lucidità di pensiero, continuerò ad impegnarmi per capire dove vengono messi i miei soldi e in quali investimenti, esattamente come voglio sapere dalla commercialista in quale rigo vengono registrate le mie spese sanitarie. Io mi affido, però devo sapere. E voglio essere trattata come persona e non come una a cui far la fattura a fine mese.
In sintesi mi aspetto che il consulente finanziario mi metta nella migliore condizione di essere artefice della mia vita, e che lo faccia con cura e attenzione.

Catia, come sua madre, ha occhi grandi, capaci di parlare. Lo sguardo sincero e penetrante con cui accompagna questa ultima frase si adatta perfettamente ad una confidenza che mi ha fatto durante l'intervista: era ragazzina quando Mafalda fu pubblicata in Italia e subito trovò in lei grandi affinità. Tutti nella sua famiglia le trovarono: Mafalda, sempre preoccupata per il mondo, è spigolosa, ribelle.
E ha un cuore immenso.

Alla settimana prossima,
Nicola.


INFORMAZIONI IMPORTANTI
In caso voleste diffondere Ratatouille integralmente avete la mia benedizione, magari ditemelo


Nicola Foletti Consulente Finanziario   +39 3488120465    ratatouille@nicolafoletti.it